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La psicoanalisi può essere ancora definita un trattamento dove la dimensione dell'azione è assente? Sono ancora valide le parole di Freud secondo cui "nel trattamento analitico non si procede a nient'altro che a uno scambio di parole tra l'analizzato e il medico"? In questi ultimi decenni, affermare che paziente e analista interagiscono è diventata una constatazione condivisa e ha contribuito all'interesse per un fenomeno clinico denominato "enactment". Questo termine descrive quei momenti in cui l'analista si accorge di venire inconsciamente indotto ad "agire" da sollecitazioni transferali o identificatorie del paziente. Allargare l'orizzonte teorico del "dialogo agito" permette di affrontare la questione di come le diverse forme dell'inconscio vengono rappresentate nella stanza di analisi. Sostiene Stefano Bolognini nella sua presentazione del volume: "L'idea che l'area teorico-clinica dell'enactment costituisca la "quarta via regia" alla comprensione dell'inconscio, dopo il sogno, il transfert e il controtransfert, è ormai complessivamente accettata dalla maggioranza degli psicoanalisti in tutta la comunità internazionale". Entro questo quadro, la riflessione sul concetto di enactment e sull'agito in psicoanalisi porta con sé il valore della libertà di pensare: senza dimenticare il passato, ma senza precludersi l'apertura al futuro, al nuovo, al non ancora conosciuto.